Casartelli: “Sì al POS, ma le commissioni devono essere portate sotto lo 0,2%. Oggi è un salasso”

POS 28 settembre 2017

“Sì alla diffusione del POS per pagamenti con bancomat e carte di credito, ma le commissioni devono essere ridotte allo 0,2% sul valore delle transizioni. I dati ci dicono che invece negli ultimi due anni i costi sono aumentati mediamente del 19%: per i negozianti tra acquisto, canone e commissioni gli aumenti sono arrivati anche al 40% e così ci si rimette invece che guadagnare. Confesercenti – ha ribadito il presidente Claudio Casartelli – in seguito alla emanazione delle nuove norme in materia attualmente al vaglio del governo, si attiverà con i principali istituti di credito del comasco per stipulare convenzioni a favore dei propri associati”.

Confesercenti si schiera nettamente perché l’obbligatorietà del POS (la macchinetta per i pagamenti con bancomat e carte di credito) si accompagni al netto abbattimento dei costi di esercizio, oggi insostenibili per esercenti e professionisti.

E’ quanto è emerso dall’incontro che si è svolto giovedì 28 Settembre nella sede di via Vandelli a Como e che ha avuto ad oggetto proprio gli obblighi, i costi e le sanzioni legate al POS, con il quadro normativo nazionale in piena evoluzione e al momento al vaglio del governo che dovrebbe inserire il nuovo disciplinare della materia all’interno della Legge di Bilancio (teoricamente il termine di presentazione è il 15 Ottobre, ma potrebbe slittare).

A relazionare sulla materia il consulente fiscale di Confesercenti, Eugenio Bonaffini per la parte tecnica e il presidente dell’associazione Claudio Casartelli, che ha evidenziato i costi attuali.

Questo il quadro emerso:

1- PAGAMENTI ELETTRONCI CON POS

INTRODUZIONE OBBLIGO (sopra i 30 euro):

L’articolo 15, commi 4 e 5 del Dl 179/2012 – attuato con Decreto Ministeriale 24/01/2014 (Disposizioni sui pagamenti elettronici) – ha introdotto, a partire dal 30 giugno 2014, l’obbligo per esercenti, professionisti e studi professionali di accettare pagamenti elettronici effettuati tramite POS (Point of sale) utilizzando bancomat, carte di credito, di debito e prepagate. L’obbligo riguarda le transazioni aventi come oggetto la vendita di beni, servizi e prestazioni professionali con costo di acquisto a partire da 30 euro. La norma originaria non prevedeva sanzioni per i non adempienti.

 

MODIFICA LIMITE MINIMO (obbligo pagamenti POS sopra i 5 euro):

La legge di stabilità 2016 (legge del 28/12/2015, n. 208, comma 900) ha modificato tale norma, introducendo l’obbligo di accettare pagamenti elettronici per importi superiori a 5 euro. L’obbligo non si applica “nei casi di impossibilità tecnica”, imputabili più alla mancanza di connessione che alla mancata volontà di adeguarsi.

Le disposizioni di attuazione della presente norma, ossia il decreto ministeriale con scadenza il 1° febbraio 2016 che non è mai stato emanato, avrebbe dovuto definire, da un lato, le sanzioni e i casi di ‘”impossibilità tecnica” e, dall’altro, le regole di armonizzazione con la direttiva europea payment services directive (nota come Psd2) sui servizi di pagamento nell’Unione europea e commissioni interbancarie sulle operazioni con carta di pagamento (Regolamento UE 751/2015) che stabilisce un tetto massimo alle commissioni interbancarie pari allo 0,3% del valore dell’operazione per le carte di credito e allo 0,2% per i pagamenti via bancomat.

 

SANZIONI DI 30 EURO PER CHI RIFIUTA IL PAGAMENTO ELETTRONICO

Secondo notizie di stampa, però, sarebbe stata trovata una soluzione con il decreto legislativo (esaminato la scorsa settimana da Palazzo Chigi e inviato in Parlamento per i pareri) che attua proprio la direttiva payment services.

Si modificherebbe l’articolo 693 del Codice penale (secondo cui «chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa fino a trenta euro»), estendendolo anche nei casi di transazioni commerciali effettuate con la moneta elettronica.

 

I COSTI DEL POS:

L’osservatorio sulle tariffe stima che in questi due anni volti a dare il tempo agli esercenti di adeguarsi alla nuova normativa sulle transazioni digitali, le commissioni a carico dei negozianti sono aumentate di oltre il 19%, con costi totali oltre i 6mila euro annui (+40% rispetto al 2015). Il numero di POS è aumentato di appena il 12% (stima Confesercenti) probabilmente a causa della mancanza di chiarezza sui costi connessi, per l’installazione e l’utilizzo del dispositivo.

I costi legati all’installazione e all’utilizzo del POS sono i seguenti:

  • spesa una tantum per acquistare il terminale, pari a quasi 61,7 euro per un POS mobile e circa 77 euro per quello fisso. Costi pari al 13,7% in meno rispetto al 2015;
  • canone mensile per il servizio, pari a circa 13,7 euro per il POS mobile e a 24,1 euro per il POS su linea fissa. Costi aumentati del 10,7% soprattutto per i POS mobili;
  • percentuale dovuta su ogni transazione elettronica effettuata, i costi variano in base alla tipologia di carta scelta dall’acquirente: circa il 2,5% di quanto transato (2,44% con POS mobile e 2,72% con dispositivo fisso) con carta di credito e da 1,88% per un POS tradizionale a 1,95% con POS mobile per le carte di debito. Le commissioni addebitate per ogni transazione sono aumentate del 18,5% per gli acquisti con bancomat e del 19,5% per quelli effettuati con altra carta.

La simulazione sui costi che l’esercizio commerciale sostiene in un anno per offrire questo servizio, realizzata per tre diverse tipologie di esercizi pubblici tra i più diffusi (libero professionista, negoziante e ristoratore), ha evidenziato che per un POS si può arrivare a spendere oltre 6.298 euro annui, con costi che vanno dal 6,5% a oltre il 40% in più rispetto al 2015.

Gli incrementi maggiori si registrano per chi accetta pagamenti bancomat con POS fisso (ossia collegati ad una linea fissa ADSL) che vanno dal 33,5% al 40,4% in più, mentre rimane più conveniente installare e accettare pagamenti con il Bancomat da POS mobile (ossia gestibili tramite smartphone). I negozianti sono quelli che hanno subito gli aumenti maggiori e, rispetto al 2015 pagano l’installazione e il mantenimento del POS dal 12,4% al 40,4% in più.

 

2 – PAGAMENTO IN CONTANTI

INNALZAMENTO LIMITE DA 1000 A 3000 EURO:

Con la legge di stabilità 2016 (legge n. del 28/12/2015, n. 208, comma 898) il limite per i pagamenti in contanti è stato aumentato da 1000 a 3.000 euro.

Il limite a 1000 euro era stato introdotto dal governo Monti nel 2011 (articolo 49, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231) per diminuire le transazioni in nero ed aumentare i pagamenti tracciabili (bonifici bancari, assegni bancari non trasferibili e assegni circolari e utilizzo di carte di credito e bancomat).

I limiti alla circolazione del contante valgono sia nei rapporti commerciali, cioè tra le imprese, sia nei rapporti tra privati, ma non opera in caso di prelievo dal proprio conto corrente bancario (anche se la banca potrebbe segnalare l’operazione ai fini dei controlli antiriciclaggio in caso di operazioni di prelievo frequenti).

La norma non permette di spezzettare il pagamento in contanti di un’unica operazione, se non in casi ben precisi, ossia quando:

  • è connesso alla natura della specifica operazione da pagarsi, come ad esempio una somministrazione periodica;
  • corrisponde a un preciso accordo tra le parti, concluso prima del trasferimento del contante, di cui si possa dare una prova documentale. Per esempio è lecito pagare una fattura sopra i 3.000 euro in contanti quando per accordo delle parti, riportato nella stessa fattura, i pagamenti devono avvenire a 30-60-90 giorni. Ovviamente i tre pagamenti, da eseguirsi scaglionati nel tempo, devono essere singolarmente inferiori a 3.000 euro.

 

ECCEZIONI:

Se ricorre uno dei casi sotto elencati non si può pagare in contanti, anche se si tratta di importo inferiore a 3.000 euro:

  • i pagamenti eseguiti dalla pubblica amministrazione, che per importi superiori a 1.000 euro deve usare strumenti di pagamento tracciabili, come ad esempio per l’erogazione delle pensioni;
  • i money transfer, che per l’elevato rischio di circolazione di denaro di dubbia provenienza incontrano il limite di 1.000 euro in contanti;
  • gli assegni bancari e postali, che se sono emessi per un importo superiore a 1.000 euro devono contenere la clausola di non trasferibilità e l’indicazione del nome del beneficiario del pagamento;
  • i modelli di pagamento F24 per le imposte, che quando sono utilizzati dai privati per un importo superiore a 1.000 euro devono essere pagati tramite fisco on line o home banking, con divieto di utilizzare F24 cartacei;
  • le associazioni che vogliono godere di particolari agevolazioni fiscali: anche in questo caso la legge impone di usare mezzi di pagamento tracciabili per operazioni sopra i 1.000 euro;
  • libretti al portatore, per i quali il saldo massimo è di 999,99 euro, mentre il limite al trasferimento è di 2.999,99. Questo significa che posso avere più libretti al portatore, ciascuno di saldo massimo 999,99 euro, e posso trasferirli insieme se complessivamente il loro valore non supera i 2.999,99 euro.

 

Qui sotto il link per scaricare le slide della relazione di Eugenio Bonaffini, consulente finanziario di Confesercenti

PAGAMENTI ELETTRONICI CON POS

 

 

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